mercoledì 7 dicembre 2011

AMBROGIO E I MIRACOLI


Da “101 Storie su Milano che non ti hanno mai raccontato” di Francesca Belotti – Gian Luca Margheriti – Newton Compton Editori
Sono Ambrogio, vescovo di Milano.Il camerlengo, ancora intontito dal sonno, non capì esattamente chi si trovava davanti. “Devo parlare immediatamente con il Santo Padre”, continuò Ambrogio.
L’uomo ora cominciava a perdere la pazienza. Come si permetteva quello sconosciuto di presentarsi così presto alla porta del papa e pretendere di tirarlo giù dal letto?
“Mi dispiace ma temo che ora non sia proprio possibile. Meglio che si ripresenti più tardi”.
Ambrogio era sdegnato. Era partito la sera prima da  Milano con la sua mula, Betta, ed era miracolosamente arrivato a Roma in poche ore. E non aveva certo tempo da perdere. Entrò nella stanza, si tolse il mantello con cui si era protetto dal freddo della notte e, non trovando un appiglio migliore, lo appese su un raggio del sole mattutino che filtrava oltre le pesanti tende di broccato. Quando il camerlengo vide un simile prodigio, ritenne che per una mattina il papa poteva alzarsi presto e ricevere quello strano personaggio che evidentemente doveva essere un santo.
Il camerlengo corse ad avvertire il papa mentre Ambrogio guardava dalla finestra i tetti di Roma.
“Ti ho fatto chiamare e ti aspettavo, Ambrogio, ma non certo così presto”. IL papa entrò, ancora assonnato, nella sala, avvolto nella sua vestaglia di seta. “Ci sono importanti questioni che dobbiamo discutere circa la tua diocesi”.
“Va bene, ma facciamo presto. Voglio essere di ritorno a Milano per dire messa. E le campane del Duomo stanno già suonando”.
Il papa rimase perplesso a guardare fuori dalla stessa finestra da cui Ambrogio fissava i tetti di Roma. Il Duomo? Come poteva da lì sentire le campane del Duomo di Milano? “E tu vuoi farmi credere che senti le campane di Milano?”
“Certo Santità. E se appoggerete un piede sopra il mio, le sentirete anche voi”.
Il papa incuriosito appoggiò il piede calzato da una babbuccia sopra le scarpe di Ambrogio e, miracolo, sentì le campane del Duomo che suonavano a distesa.
Il Santo Padre non pose ostacoli. Parlò con Ambrogio delle questioni che riguardavano l’amministrazione della sua diocesi nel minor tempo possibile e lo lasciò libero di rimontare sulla sua mula per tornare dai suoi concittadini che lo aspettavano per la messa. Era certo di aver appena parlato con un santo.
Questo fu solo uno dei tanti miracoli che Ambrogio compì ancora in vita. Un altro ci racconta di tre fanciulle orfane e povere, ma veramente povere. Tanto povere che avevano un solo vestito buono per andare a messa e quindi dovevano andarci a turno, una per volta.
Un giorno Ambrogio, passando davanti alla casa delle tre ragazze, vide tre angeli che danzavano sopra il tetto. Il vescovo non sapeva chi abitava nella casa, ma dalla presenza degli angeli capì che chiunque fosse, doveva essere buono, onesto e meritevole di aiuto. Ambrogio entrò e ascoltò la drammatica storia delle tre sorelle che da quando avevano perso i genitori non avevano nemmeno di che mangiare.
Il vescovo non ci pensò due volte e fece dono alle tre sventurate di una borsa di denaro fatata. La borsa sarebbe stata sempre piena. Unica condizione: non buttare i soldi in frivolezze, pena l’ira del Signore.
Le ragazze presero la borsa e si profusero in inchini e ringraziamenti. A breve Ambrogio si ritrovò a passare davanti a quella stessa casa. Questa volta però sul tetto non vide danzare tre angeli, ma tre demoni. Inferocito, il futuro santo entrò nella casa e la vide arredata con mobili sfarzosi, tende e broccati. La tavola era imbandita di ogni ben di dio, avanzato e abbandonato. Ovunque bei ragazzi sfaccendati stavano pigramente adagiati su divani e poltrone. Ambrogio girò la casa finché non trovò le tre ragazze. Erano abbigliate con i più begli abiti che l’epoca potesse consentire. E se ne stavano annoiate a guardare tutta la loro ricchezza.
Ambrogio fu implacabile: avevano peccato, avevano tradito la sua fiducia. Avrebbero dovuto pagare per il resto della vita. Ambrogio si riprese la borsa fatata e le obbligo ad andare nel deserto a fare penitenza per poter almeno salvare la loro anima. Le ragazze, dispiaciute e terrorizzate, partirono subito alla ricerca di un deserto, cosa non tanto facile a Milano. E lì restarono per il resto della loro vita, a piangere e pregare su quel denaro che era stato causa di tanta follia. Quando morirono, il cielo di Milano fu solcato dal volo di tre colombe bianche. Erano le loro anime che si erano riappacificate con il Signore.
Ma i miracoli di Ambrogio cominciarono fin dalla più tenera infanzia. Quando era ancora in fasce uno sciame di api si avventò sulla culla del futuro santo. Alcune api gli entrarono nella bocca socchiusa e ne uscirono senza ferirlo. Quando i genitori riuscirono ad avvicinarsi al bambino, si accorsero che le api avevano lasciato nella sua bocca alcune gocce di miele. Era chiaramente un segno che quel bambino sarebbe stato un grande saggio e un grande oratore.
A volte i miracoli compiuti da Ambrogio lo preservarono dalla morte, come quando Giustina, madre dell’imperatore Valentiniano, inviò un sicario per uccidere l’odiato vescovo. Il sicario riuscì a introdursi nella camera di Ambrogio ma quando cercò di sollevare l’ascia con cui avrebbe dovuto uccidere il vescovo, si rese conto di avere le braccia paralizzate. Sempre Giustina attentò ancora una volta alla vita di Ambrogio quando questi si recò in visita in Pannonia. Giustina aveva incaricato Aika, una donna del luogo, di aspettare Ambrogio sul presbiterio della chiesa dove avrebbe celebrato la messa. Al suo passaggio avrebbe dovuto spingerlo giù dall’altare. Ambrogio arrivò e Aika afferrò le sue vesti per spingerlo ma in quello stesso istante la donna fu pervasa da un’improvvisa e spossante stanchezza. Non solo non riuscì a spostare minimamente il vescovo, ma fu lei a cadere sopraffatta da una forza soprannaturale.
Ambrogio morì serenamente il 4 aprile del 397. Le sue spoglie furono portate nella chiesa che avrebbe poi preso il suo nome, per essere sepolte accanto ai corpi di Gervasio e Protasio, due martiri cristiani le cui spoglie erano state ritrovate dallo stesso Ambrogio. Il futuro santo li aveva fatti seppellire uno accanto all’altro riservando per lui il posto a sinistra dei due. Quando il sarcofago fu aperto per deporvi l corpo di Ambrogio, Gervaso e Protasio si scostarono per accoglierlo in mezzo a loro. In quello stesso momento un enorme sciame di api sorvolò il sepolcro per poi disperdersi nel caldo della primavera.

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